Avellino e la paradossale paura dei playout: Rastelli striglia i suoi e spera nel 'miracolo'
E' stato un rientro agli allenamenti diverso dal solito quello di ieri, non solo perché segue la quindicesima sconfitta in campionato. Il Mattino riferisce di un Rastelli che è arrivato al Partenio scuro in volto, che ha tenuto i suoi chiusi negli spogliatoi per oltre un'ora, richiamando con toni anche duri l'orgoglio e il senso di appartenenza che non si sono visti in campo nell'ultimo periodo. Rastelli ha provato a 'toccare' anche il portafoglio, ricordando ai calciatori che i loro lauti pluriennali diventerebbero carta straccia in caso di retrocessione.
L'assurdo è che, con un Avellino ancora a -2 dai playoff, nonostante i 7 punti conquistati nelle ultime 10 partite (1 solo nelle ultime 4), e a +5 sui playout, a due giornate dalla fine si parla più di rischio retrocessione che di spareggi promozione. Perché? Matematicamente parlando è più probabile che, con 6 punti a disposizione, l'Avellino centri i playoff che i playout, anche perché alcuni scontri diretti in zona retrocessione potrebbero salvare l'Avellino anche in caso di sconfitta nelle prossime due, ricordando anche che non è solo da guardare la distanza dal quintultimo posto ma anche dal penultimo, perché se i punti saranno più di 8 i playout non si disputeranno, e l'Avellino ora è a +13 sulla coppia Viterbese-Fidelis Andria. Basta non perdere ad Andria per essere salvi. Allora perché tutto questo pessimismo, se addirittura Rastelli ha toccato questo argomento sia a fine partita (parlando di un punto per la salvezza) sia in spogliatoio?
Per le prestazioni della squadra. Una squadra incapace di reagire alle minime avversità, di provare a imporre un proprio gioco (Rastelli ha ammesso di "non aver visto nulla di quello che abbiamo provato"), capace di errori difensivi clamorosi e con le polveri bagnate in attacco. In queste condizioni è lecito aver paura di perdere anche le prossime due. Ma il rischio playout resta molto, molto basso.
Forse, come sempre, la verità sta nel mezzo: sarebbe corretto non pensare troppo ai playoff, perché in queste condizioni l'Avellino farebbe solo una fugace e misera apparizione, ma non farsi prendere neanche dalla paura di una impensabile retrocessione. Impossibile solo da pensare per gli investimenti fatti quest'anno. Una stagione 'no' conclusa nel limbo è la più realistica e amara delle soluzioni. Un campionato che, sulla falsariga di quanto si vede da gennaio a questa parte, potrebbe concludersi il 23 di aprile, e a quel punto a bocce ferme via ai processi e al repulisti generale, necessario a tutti i livelli per non ripetere un'altra stagione anonima.