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Il capolavoro di Rastelli, la macchina perfetta e i tabù sfatati

di Domenico Fabbricini

È un Avellino che accumula record dopo record, conquistando risultati a volte insperati, capace di vincere contro chiunque e senza alcun timore. E così, dopo la vittoria contro il Catania di sette giorni fa arriva anche quella sul difficile campo del Modena, dove l’Avellino non vinceva da ben 36 anni. Altro tabù sfatato, dopo quello del Rigamonti di Brescia dove non vinceva da 33 anni (vittoria dello scorso campionato naturalmente), altri tre punti che lanciano l’Avellino nelle zone altissime del campionato e capaci, con questa media, di poter fare potenzialmente anche meglio dello scorso anno quando chiuse uno straordinario girone di andata con 37 punti. E’ un Avellino che è cambiato parecchio rispetto allo scorso anno, negli undici iniziali a Modena c’erano solo tre reduci dello scorso campionato, ma che non ha mutato filosofia e stile di gioco.

Merito di quello che, a nostro avviso, è il vero artefice (ovviamente insieme alla società e a tutti i calciatori) di questo grande Avellino, colui che è stato in grado di trasmettere a calciatori diversi la stessa voglia e convinzione di poter fare sempre risultato: Massimo Rastelli, il mister che anche a Modena ha fatto un piccolo capolavoro tattico disegnando una squadra perfetta in campo pur priva di Pisacane, Ely, Bittante, Schiavon, con Fabbro a mezzo servizio e Arini inventato difensore centrale, non ha risentito affatto delle assenze ma anzi non ha sofferto quasi mai il Modena sfiorando nel finale anche la terza rete. Immenso Kone, che ha portato a due espulsioni avversarie e guadagnato numerosi calci piazzati; sempre letale Castaldo, giunto già a quota 10 gol, ma a mio avviso la forza di quest’Avellino, più dello scorso anno, è il gruppo. Non vi sono più tanti singoli che fanno la differenza (Castaldo a parte), come potevano essere Zappacosta, Galabinov, ma calciatori “operai” che sotto una sapiente guida fanno girare alla perfezione la squadra conquistando risultati anche impensabili.

Ecco allora che anche quando viene chiamato in campo qualche calciatore che solitamente trova meno spazio, come Petricciuolo, sfodera una prestazione da veterano, diventando un ingranaggio come un altro in una macchina perfetta. Senza voler incensare troppo questo o quell’altro personaggio, senza voler fare il passo più lungo della gamba, si può però dire che questo Avellino sembra anche più solido e continuo di quello di un anno fa. Il girone di ritorno, si sa e lo abbiamo imparato, è un campionato a parte. Ma intanto consentiteci di continuare a sognare.


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