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L'Avellino parte bene, subisce poi sbatte sul muro messinese: il finale è da saloon

di Domenico Fabbricini

La striscia positiva di Pazienza si interrompe sul più bello, al momento del possibile slancio dopo 7 punti conquistati in tre partite. Nel momento chiave per tentare l'attacco alle prime posizioni di classifica, Pazienza assapora per la prima volta l'amaro sapore della sconfitta, con la sua squadra che si scioglie come un gelato al sole dopo il gol di Plescia. Un gol che forse spegne tutte le certezze che l'Avellino aveva ritrovato con il cambio di tecnico e con i risultati che avevano dato manforte psicologico, e che non riescono quasi mai a trovare la via della rete se non nel finale, quando Pazienza tenta la carta della disperazione con tre attaccanti contemporaneamente in area e Fumagalli che due volte in sequenza si oppone alla grande ai colpi di testa di Gori e Marconi. Nel mezzo tanta confusione, tanta imprecisione, davanti ma anche dietro, e due infortuni con i quali fare i conti, quello di Rigione nel primo tempo e di Cionek nel finale, che ha lasciato la squadra in nove negli otto minuti di recupero, data la doppia espulsione poco prima di Benedetti e Polito per reciproche scorrettezze. Un finale in cui il nervosismo sale esponenzialmente con l'arbitro che fatica a tenere a bada i protagonisti in campo, fino a essere costretto a tirar fuori il giallo per Benedetti e Polito due volte in pochi minuti, lasciando le squadre in dieci.

Il Messina ha fatto la sua onesta partita, si è chiuso, ha resistito agli iniziali attacchi portati molto bene dall'Avellino per quasi mezz'ora, ha colpito nell'unico vero tiro in porta del primo tempo con Plescia di testa (che non ha esultato e si è commosso per la rete) e poi ha eretto un muro davanti a Fumagalli, contro il quale l'Avellino è andato a sbattere con testardaggine, e a tratti sembrando anche senza idee, specie nella parte centrale del secondo tempo. Pazienza ha provato anche a cambiare le carte in tavola inserendo nuova linfa con Gori per Patierno, Marconi per Varela, e cambiando gli esterni con Ricciardi e Sannipoli per Cancellotti e Tito. Ma senza esito. La doppia occasione finale ha più il sapore della disperazione che dell'organizzazione, anche perchè arrivate entrambe su calcio d'angolo. Come il gol iniziale di Plescia, per la verità.

Una partita decisa dagli episodi ma con l'Avellino che poteva capitalizzare meglio le occasioni avute: nel primo tempo Sgarbi due volte non ha visto Tito largo da solo a sinistra, incaponendosi al centro e venendo chiuso, una volta appoggia a Patierno che sbaglia tutto; bene anche Varela che colpisce un palo e costringe Fumagalli a una chiusura in angolo. Insomma un bell'approccio dell'Avellino a cui manca solo il gol, ma che non è stato capace di replicare questo atteggiamento dopo il gol iniziale. Una partita sfortunata forse, imprecisa sicuramente, da archiviare ora al più presto e riprendere il cammino interrotto. Già mercoledì in coppa l'occasione per ritrovare risultato e spirito giusto propedeutici alla sfida intera contro il Potenza id lunedì prossimo.


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