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Lettera a chi non può capire: ecco perchè è così bello tifare Avellino. Viviamo di calcio, di gioie, di sacrifici. Siamo campioni e siamo irpini, non molliamo mai. Grazie lupi!

di Forza Lupi

EccoCi. Beh, insomma, scrivere un editoriale al termine di una stagione così non è per niente semplice. Non sai da dove cominciare, di cosa parlare prima, come concludere. Una marea di pensieri nella testa che sfociano alla fine in un unico momento, quello bellissimo della promozione in Serie C, e perchè no, anche dello scudetto, per quanto possa valere, è sempre bello festeggiare. Bisognerebbe tornare indietro di un anno per far comprendere magari ad un tifoso del Lecco, della Pergolettese, del Picerno, del Lanusei o della Vis Artena, cosa voglia dire per un avellinese tutto ciò che è accaduto nell'ultimo mese. Un mix potentissimo di sensazioni e di emozioni, di speranze, di gioie, di preoccupazione in una città dove si vive di calcio e poco altro. Le vibrazioni che suscita "o' pallone", ad Avellino non hanno eguali. Quindi, cari tifosi delle squadre sopracitate ma anche di altre ovviamente, dovete sapere che poco più di un anno fa l'Avellino veniva spazzata via dalla Serie B, mentre si accingeva a disputare il sesto anno di cadetteria, per colpa di un signore che non era stato capace di iscrivere la squadra, diciamo così senza scendere nei dettagli. Ebbene, le lacrime dopo la sentenza ufficiale non si dimenticano. Non parlo di quelle del capitano D'Angelo. Vabbè, magari anche quelle non si dimenticano per altri motivi. La tristezza ed il dramma sportivo che ha investito la città è difficile da spiegare qui in poche righe. Si sprofonda in D. "Chi la prende, chi non la prende, ci sono le cordate, non ci sono. Preziosi, il Genoa". Spunta l'ingegnere De Cesare, già patron della Scandone, squadra di basket di Avellino. E da qui si riparte. Una squadra non allestita all'altezza anche perchè in poche settimane era quasi impossibile. Un allenatore, tal Graziani, che pensava di aver inventato il calcio e che chiedeva di scrollarsi di dosso la storia del lupo. Potete ben capire dunque le difficoltà iniziali.

A gennaio le cose cambiano, arrivano giocatori più bravi, arriva un allenatore che insieme al suo vice sa cosa vuol dire stare ad Avellino riprendendosi quella storia che il precedente mister aveva chiesto di accantonare. E dopo un periodo di rodaggio si comincia a vincere, a vincere, a vincere, a vincere. Rimontando 10 punti alla capolista Lanusei e annientandoli nello spareggio finale. Potete quindi immaginare l'esplosione di gioia in città per il professionismo riconquistato e quelle lacrime che un anno fa erano di rabbia, ora sono di felicità. Ah sì, c'è lo scudetto, mai snobbato e fortemente voluto. Si è vinto anche quello. Grazie ad un popolo che ancora una volta ha saputo regire di fronte alle avversità e che non si è rassegnato all'idea di veder scomparire il calcio, quello vero, da una città che è nota a tutti. Quel popolo che ha macinato chilometri in ogni dove e che ha saputo stringersi intorno alla squadra anche quando le cose non andavano per il verso giusto. Siamo irpini, non molliamo mai. Mai! Il merito è anche degli spettacolari tifosi che l'Avellino ha al suo seguito. Immensi, invidiabili, strepitosi.
Sapete, anche nel 2009 siamo falliti, con una dirigenza che ha fatto bene riportando l'Avellino in B, ma attraverso due ripescaggi. Qui, oggi, si ha la sensazione che ci sia qualcosa di bello, sano, di forte che possa permettere all'Avellino di essere in salute per tanto tempo. Cari tifosi di altre squadre, oggi Avellino è felice. E la speranza è che possa esserlo sempre di più, programmando un campionato di C di buon livello e trattenendo qualche pezzo pregiato senza sfaldare il gruppo, stupendo, che si è creato.
Dimenticavo, giusto due righe sulla partita. Abbiamo vinto contro il Lecco, ai rigori.
Che bello tutto questo. Grazie Avellino!


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