Vastola: "Cecere era un leader, ricordo quando ci caricò prima del Napoli. I giovani di oggi hanno meno rispetto, creare un gruppo unito è più difficile"
Gaetano Vastola, ex difensore dell'Avellino, è stato ospite a LVS di Irpinia TV, dove ha ricordato l'ex compagno, Mimmo Cecere, scomparso domenica prematuramente e ha parlato dell'importanza di un gruppo in una squadra, con i giorni di oggi che è sempre più complicato avere rapporti tra i più anziani e i giovani.
Queste le sue parole: "Ovviamente era doveroso essere ai funerali di Mimmo. C'eravamo quasi tutti della Vecchia Guardia, così ci chiamavamo su una chat di gruppo. E chi non ha potuto esserci, era lì con la mente e con il cuore. Sono giorni difficili, morire così è davvero triste, dispiace tantissimo, mando un grande abbraccio ancora una volta alla famiglia. Mimmo era un leader, carismatico, forte, determinato. Un capo popolo, rispecchiava in pieno i valori dell'Avellino, del rispetto della maglia, dei colori, nonostante avesse giocato in tantissimi club e vinto tanto".
Un ricordo: "Ma ce ne sono tantissimi, dalla promozione a Crotone, a quella con il Napoli ai playoff. Ricordo che nella settimana tra l'andata e la gara di ritorno decisiva al Partenio ci caricava, avvertiva con il passare dei giorni che la tensione si iniziava a far sentire e lui smorzava gli animi, caricandoci, da vero leader. Era davvero un leader, grande personalità, oltre che ad essere un grande portiere".
L'unità dello spogliatoio: "E' stato il nostro segreto per anni, basti vedere ora, ci sentiamo davvero tutti fratelli, uniti, come allora. Io ero il più giovane, tra virgolette, ma ero uno di loro, non mi mettevano a disagio, anzi, ero felice quando mi rimproveravano in allenamento, perchè potevo apprendere qualcosa di diverso. Solo con quel gruppo così unito potevi battere il Napoli quell'anno, con determinazione, caparbietà. Infatti anche quando sono mancati Rastelli e Ghirardello nella finale di ritorno, chi ha giocato al loro posto ha dato tutto ed è stato decisivo, perchè poi segnarono Biancolino e il rigore decisivo lo procurò Vanin, che era un giovanissimo con poche presenze in stagione, ma anche lui era parte di quel gruppo e solo così puoi dare il massimo, sempre".
Oggi invece non è così: "Non è così. I giovani in particolare hanno meno rispetto dei più anziani. Io ho giocato in Serie C fino a 4-5 anni fa ed era cambiato tutto. Rapportarmi con i più giovani era durissima, nello spogliatoio ti mettevano anche da parte, e se li richiamavi per un errore o per fargli capire qualcosa, questi o si giravano storto o rispondevano male. Oggi è così, non c'è più quel rispetto e quel desiderio di sentirti gruppo. Uniti, compatti. E' sempre più difficile".
Sui lupi di oggi: "Non so a cosa siano dovute le difficoltà di questa stagione dell'Avellino, non posso parlare del gruppo, perchè se non lo vivi internamente, non puoi dire se è unito o meno. Ma mi fido di Massimo (Rastelli), che ha fatto parte del nostro Avellino, sa cosa ha rappresentato e lo ha dimostrato già in passato, vincendo qui e facendo bene anche in Serie B come allenatore. Le difficoltà di quest'anno, credo, siano varie, si sommano tra vari fattori, anche gli infortuni non stanno aiutando. Ripeto però, la chiave di tutto è il gruppo, sentirsi veri fratelli, tutti uniti. Come lo eravamo noi in quell'Avellino".