Avellino-Potenza, il riscatto delle “seconde linee”. In una delle partite più belle della stagione, che ha dato una dimostrazione di forza delle reali potenzialità della squadra, figuravano nell’undici iniziale ben cinque calciatori esclusi da un’ipotetica griglia iniziale stilata dalle prime scelte di Rastelli prima, e di Pazienza poi; uno di questi (Casarini) era addirittura stato messo fuori rosa, pur non avendo mai demeritato lo scorso anno. Si stava per compiere un’altra scelta poco comprensibile, come le cessioni di Carriero, Dossena, Silvestri e tanti altri. Vero è che il concetto di titolare o riserva ha un confine molto labile nel calcio e non è neanche corretto effettuare questo tipo di differenza in una rosa in cui tutti solo arruolabili e utili alla causa quando se ne presenta l’occasione, ma è altrettanto indubbio che i vari Ricciardi, Mulé, Gori, Sgarbi, Casarini appunto, (per non parlare dei subentrati a partita in corso come Pezzella, Sannipoli, Maisto) partivano un gradino indietro rispetto ai compagni di squadra inizialmente schierati. Ma a fronte della grande emergenza presentatasi soprattutto in difesa, ecco che hanno avuto l’occasione di dimostrare tutte le proprie qualità. Ricciardi peraltro non è nuovo a prestazioni perentorie sulla fascia destra, ma l’anno scorso gli è mancata quella continuità che lo ha fatto scivolare indietro nelle gerarchie di questa stagione. Armellino ha dimostrato tutta l’autorevolezza e l’esperienza di un veterano anche in difesa, oltre che a centrocampo. Cancellotti si è reso utile anche da braccetto, più bloccato rispetto al ruolo di quinto. E non a caso qualche settimana fa parlavamo di “coraggio” nel fare certe scelte e mettere in campo chi in questo momento dimostra di essere più in forma: complice l’infortunio di Patierno e il basso stato di forma di Marconi, spazio a Gori e Sgarbi, che già in precampionato avevano dimostrato di essere dotati di buoni numeri e ottime potenzialità. Potenzialità che ora stanno trovando sfogo in prestazioni eccellenti e anche gol. Una doppietta per i due attaccanti titolari non accadeva ad Avellino da tempo immemore, anzi a inizio stagione si faceva fatica persino a mandare in gol gli attaccanti stessi.
Merito a Pazienza di aver azzerato le gerarchie e messo tutti sullo stesso piano appunto, di aver capito chi poteva dargli quel qualcosa in più in un preciso momento storico, e di aver ridisegnato la squadra con il 3-5-2 recuperando alcuni ruoli che altrimenti avrebbero trovato meno spazio, anche se ciò è andato a discapito di altri. E’ il caso di Casarini, noi stessi con il nostro inviato avevamo chiesto nella conferenza stampa di presentazione di Pazienza se ci fossero le possibilità di un reintegro, e da allora non si è parlato d’altro, fino all’utilizzo in Coppa Italia (che è servita anche da banco di prova a certe scelte) e all’effettivo reintegro, con tanto di prestazione sontuosa contro il Potenza, sia in fase di costruzione che di interdizione. L’altro lato della medaglia è l’esclusione di D’Amico per i motivi che dicevamo prima: escluso il ruolo di trequartista, il sacrificato è diventato proprio un ragazzo sul quale si riponevano grandi aspettative e che aveva fatto vedere anche ottimi numeri nelle prime uscite, ma mentre Varela si è ‘salvato’ reinventandosi mezzala, lui è finito sacrificato sull’altare della lista chiusa a 24. E a gennaio sarà ceduto in prestito.
Intanto Pazienza sa ora di poter contare su una squadra di 24 elementi tutti in grado, a seconda del personale stato di forma, di poter dare il massimo in campo: e la profondità di rosa è uno degli elementi imprescindibili per fare un campionato di vertice.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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