Raffaele Biancolino è stato il protagonista di giornata nel talk di YSport. L'ex attaccante ha ricordato l'esperienze con l'Avellino, partendo dal suo ritorno in Irpinia: "Ho notato la differenza rispetto alla prima esperienza, quando sono tornato ad Avellino nel 2012. Dissi a mia moglie che sentivo qualcosa di diverso rispetto al passato, che fosse successo qualcosa. Le dissi: non sembra più l'Avellino che ho lasciato nel 2007. Poi grazie a Mario Dell'Anno è stato riportato il vecchio logo sulla maglietta, ma inizialmente avvertii qualcosa di diverso. La svolta c'è stata contro la Nocerina, quella vittoria ci fece capire che avremmo vinto il campionato.
La vittoria contro il Napoli è impressa nella storia della società, la ricorderemo per la vita. Noi e il Napoli trovammo il Rimini che era una corazzata, formata da ottimi calciatori, che meritò di vincere il campionato. Da napoletano e tifoso del Napoli ho vissuto gioia mista al dolore, ricordi di un ragazzino che voleva giocare con la maglia del Napoli. Era una gioia particolare, perché pensai ai miei genitori, ai miei amici tifosi del Napoli che si aspettavano una vittoria del Napoli. Ormai sono stato perdonato, appena posso vado a vedere le partite del Napoli allo stadio. Ogni volta che mi vedono, mi riconoscono e mi ricordano la finale con l'Avellino. Ma quella partita l'abbiamo vinta nello spogliatoio, perché il nostro era un gruppo di uomini, sentivamo nostra la maglia dell'Avellino. Tutti, nessuno escluso. Bastava che un avversario toccasse uno di noi e si ritrovava addosso tutta la "banda". Facemmo qualcosa di straordinario.
Cosa mi dissero i miei genitori? Erano contenti, ma il giorno dopo non andai a trovarli, rimasi ad Avellino. Dovettero accontentarsi, ero un calciatore dell'Avellino. La gara di andata ci dicemmo che non avremmo dovuto prendere più di un gol al San Paolo, che dovevamo metterci tutti e undici davanti alla porta, a costo di far sospendere la partita. Perché sapevamo che in casa nostra avevamo i tifosi accanto. E poi c'era il sottopassaggio del Partenio, era fuoco vero. Scottava, uscivano braccia dappertutto.
Prima della partita contro il Rimini, mi trovavo a Venezia. Mi chiamò Puleo, mi disse che stavano andando a Rimini a giocare la partita. Gli dissi: non perdete punti, che io a gennaio torno. E così è stato. In Serie B ci furono problemi con lo staff tecnico, con mister Zeman con il quale mi sono spiegato e scusato. Lui portava avanti i suoi calciatori e non me, ma io avevo voglia di giocare anche con una gamba sola, a tutti i costi. Volevo sempre mettermi in prima linea per dare il contributo alla squadra. Ma questa voglia, a Zeman non interessava tanto. Venivo messo fuori, in tribuna, all'epoca mi dicevano che ero troppo amico dei tifosi della Curva Sud. E io rispondevo, sì è vero, ma perché sono un uomo del popolo, ci tengo alla maglia dell'Avellino e mi faccio ammazzare. Dopo la partita col Bari mi mise fuori rosa, ci fu un po' di caos nello spogliatoio, dovettero tenermi, volò pure una lavagnetta. Con Zeman mi sono scusato, anche se gli feci gol con la mano contro il Foggia, quando militavo nel Cosenza. Ma è un maestro, come persona non si discute. Può piacere o meno, ma lui è Zeman.
Di Rivaldo ho perso proprio le tracce, ha giocato a Bari non so che fine abbia fatto. Lo abbiamo reputato come un santo, ha segnato un gol che neppure lui sa come abbia fatto, al volo di sinistro. Impensabile. Io di quella partita aveva paura, non riuscivo a fare gol, il Foggia era messo bene in campo, io quella settimana non mi sono allenato, non c'ero neppure ad Avellino. Vavassori mi disse vieni al campo solo quando starai bene, ho fatto dieci giorni di allenamenti a Cesenatico, all'andata non giocai, si gonfiò il ginocchio operato durante una partitella. Feci Avellino-Verona in macchina e da lì a Cesenatico. Con Vavassori mi sentii mercoledì, gli dissi sto facendo solo terapia, come faccio a giocare? Sono tornato sabato, ho fatto cinque minuti di rifinitura e gli dissi: sto bene, devo giocare. E lui acconsentì. Sentii la sua fiducia ai massimi livelli. Un allenatore che in una partita del genere, dopo dieci giorni in cui non mi ero allenato, ti manda in campo uguale, va rispettato sempre. Quell'anno segnai 27 gol in 25 partite.
La cessione al Messina fu inaspettata. Dopo quella stagione mi aspettavo un Avellino forte, che poteva puntare alla Serie A. Non poteva ripartire sempre con i soliti problemi, con i tre, quattro della vecchia guardia fuori rosa. E là capii quello che sarebbe successo l'anno dopo, quando la società non si iscrisse al campionato.
Con Molino, Evacuo e Castaldo mi sono trovato benissimo, ma io ho un debole per Evacuo. Mi conosceva bene, ci scambiavamo posizione in campo, c'era molto feeling anche se chi ci vedeva da fuori non era convinto che potessimo giocare assieme, perché pure lui era grosso fisicamente. Ma correva avanti e indietro, si sacrificava molto, era a inizio carriera. Ma anche con Molino e Castaldo mi sono trovato bene, assieme abbiamo segnato tanti gol e vinto campionati.
Il mio mancato ingresso in campo allo Juventus Stadium? Non lo cosa è successo, cosa pensò Rastelli. So solo che è stato un compagno di squadra e di vita, dopo la vittoria con il Napoli ce ne siamo andati assieme a Cesenatico, a curarci. L'amicizia era grande, andavamo in vacanza assieme con le rispettive famiglie. Ci sono rimasto male, perché lui sapeva che io avrei potuto finire lì l'esperienza con l'Avellino. Sapeva pure che a Torino c'era mia moglie con i miei figli, anche se mi avesse fatto giocare un minuto lo avrei ringraziato davanti alle telecamere. Qualcuno mi rimproverò di non avergli parlato, per giocare quella partita. Non l'avrei mai fatto. Dopo la partita mi sono allenato in campo con i compagni che non giocarono la partita. Sono tornato nello spogliatoio e con Rastelli ci siamo rivisti il giorno dopo a Torrette di Mercogliano per l'allenamento. Ci spogliammo, entrai in campo per l'allenamento e accaddero un po' di casini con Rastelli. Da lì sono stato una settimana fuori rosa, mi sono allenato a parte. Poi ho parlato con Taccone, ho pagato una multa, anche se avevo ragione e sono rientrato in squadra. Ci siamo chiariti, non abbiamo più parlato di quella partita. A gennaio ebbi anche delle offerte dalla Serie C, ma le rifiutai perché volevo puntare alla Serie A con l'Avellino. Ma con Rastelli il rapporto è stato ricucito.
Se potessi cancellerei la parentesi di Salerno, ma anche qualcun altro dovrebbe farlo. Perché qualcuno mise il bastone tra le ruote per farmi tornare all'Avellino. Solo uno innamorato come me poteva tornare all'Avellino dopo essere stato a Salerno, rischiando di prendere le secchiate addosso. Non fu una scelta economica, ho guadagnato di più giocando con l'Avellino. Il primo anno di Serie C, nel mercato di riparazione presero Zigoni e non me, perché non rientravo nei loro piani. Questo mi ha amareggiato tanto. Non sputo nel piatto dove ho mangiato, ma scelsi Salerno quasi per ripicca contro chi mi impediva di tornare all'Avellino".
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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