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Kutuzov: "Volevo andar via da Avellino. Zeman mi chiese 'ma in Bielorussia le avete le porte?'"

di redazione TuttoAvellino

Intervistato su Instagram da SportChannel, Vitalii Kutuzov ha ricordato l'esperienza in Serie B con l'Avellino di Zdenek Zeman: "La squadra si sacrificava, aveva un mister di un certo livello. Ma non bastò per salvarsi. Quell'Avellino mancava dal punto di vista organizzativo, qualche acquisto è mancato, come la maturità della squadra. La società in quel periodo era debole rispetto alle altre. Io arrivai dallo Sporting Lisbona, una settimana dopo l'inizio del ritiro. Al primo giorno subito dieci chilometri di corsa, fu uno shock, ero sempre l'ultimo del gruppo. La mattina non riuscivo ad alzarmi dalla panchina per correre, mi ricordo che con me c'era Cecere: io ero l'ultimo, lui penultimo. Per me fu come un capitano, anche se il capitano era Puleo. Ricordo che mi disse, ora vado in albergo e mi prendo una birra, mi fai compagnia? Arrivati in questo bar, prendemmo due birre piccole. Passarono tre, quattro giorni di lavoro come dannati e mister Zeman ci disse: io capisco che chi corre forte possa prendere una birra, ma non Kutuzov che arriva sempre ultimo. Io scivolai sotto la sedia per la vergogna.

Da lì nacque il mio rapporto con il mister. Poi ci fu un altro episodio, al primo allenamento con il pallone, sbagliai tre tiri e lui mi disse: Kutuzov, ma la prendi o no la porta? E io gli risposi: mister, segnerò domenica. E lui si girò verso i compagni e disse: Kutuzov mi ha detto che segna domenica, ma domenica lui va in tribuna. Più volte avrei voluto mollare, Zeman non parlai mai, pensavo fosse una mummia. Mi mise in una stanza, da solo, soffrivo incredibilmente. Feci la valigia, non ero un centometrista, ma un calciatore. Chiamai il Milan, volevo andare via, poi mi misi a pensare. Tenni duro, nonostante tanti momenti di crisi. 

Poi arrivò Fabio Ferraresi, lo misero in stanza con me. Pian piano il ritiro diventò più sopportabile e iniziò una stagione positiva per me. Ricordo il gol contro il Torino, segnai da lontano. Entrò Zeman nello spogliatoio e disse alla squadra: pensavo che Kutuzov non avesse un bel tiro. Ogni tanto mi chiedeva se in Bielorussia avessimo o meno le porte. 

Quell'anno avevamo un gruppo formato da giovani di prospettiva, ma in pochi sono arrivati in Serie A: Nocerino, Contini, Capparella, che non ha giocato tanti anni e qualche altro. Con i giocatori giovani, anche se di qualità, non si va da nessuna parte senza il sostegno di calciatori più forti. E' mancato qualcosa su questo punto. Qualcuno non accettò il mister, qualcun altro ci andava d'accordo. La comunicazione non è il punto di forza di Zeman, non riusciva a creare quell'onda di positività che ti porta ad affrontare l'avversario con più coraggio. Anche il vice-allenatore non fu bravo a intervenire.

Alla Sampdoria trovai mister Novellino, credette in me e mi fece giocare in Serie A, nonostante i tanti campioni in attacco. Feci 70 presenze in due anni, segnai gol importanti. Conquistai una maturità e più consapevolezza nei miei mezzi. Zeman e Novellino sono due allenatori completamente diversi. Conn Zeman si lavora il triplo sulla forza fisica, mentre Novellino aveva una metodologia di lavoro semplice". 


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