Nuova intervista di Jorge Juary, questa volta a Blasting News: il brasiliano racconta i suoi ricordi in biancoverde e i progetti futuri. "L'idea della SAntos Academy Milano è quella di creare una scuola calcio non solo a Milano. Mi hanno proposto di far parte del coordinamento tecnico e ho accettato. Tutti conoscono il Santos in Europa e noi abbiamo scelto di partire dall'Italia perché abbiamo un legame molto forte. Il Santos ha giocato tante partite in Italia, contro l'Inter, la Juventus e altre grandi squadre. Gli osservatori del Santos verranno una volta all'anno in Italia e l'obiettivo è anche questo. Facciamo una cosa al contrario, di solito sono i giovani brasiliani che vengono portati a giocare in Italia. Noi cercheremo di portare i ragazzi italiani a fare un'esperienza nel calcio brasiliano".
"Gli anni di Avellino sono indimenticabili, due anni straordinari nonostante i gravi infortuni avuti, in particolare il primo anno nella partita contro l'Inter a Milano dopo uno scontro con Bordon. Sono state comunque due stagioni straordinarie con compagni di squadra fantastici: Tacconi, Di Somma, Vignola, Tagliaferri, Limido e De Ponti. Ho avuto la fortuna di giocare con questi ragazzi e poi devo ringraziare Vinicio che ha avuto la pazienza e la tranquillità di farmi capire tante cose sul calcio italiano. Pian piano sono riuscito a conquistare la fiducia del commendatore (il patron Sibilia, ndr) e dei tifosi. Posso dire di aver passato ad Avellino i due anni più belli della mia vita, ma anche un momento molto brutto con il terremoto in Irpinia. Per me fu una terribile esperienza, del tutto nuova, ma alla fine la prendo come positiva perché da quel dramma che colpì l'Irpinia ho imparato tante cose.
Il giro attorno alla bandierina del corner è nato così all'improvviso, fu un'esplosione di gioia che non avevo programmato. Dunque quando si parla di Juary si finisce per ricordare questa cosa, ma ho fatto anche altre cose sul campo. Non per questo me la prendo, credo che le due cose siano legate e mi fa piacere che la gente si ricordi di questo momento di gioia che alla fine faceva divertire".
Poi l'Inter: "Bisogna intanto mettere in chiaro una cosa, non è vero che a Milano non mi sono trovato bene. In quella stagione ho giocato 23 partite, ma è anche vero che ho segnato molto poco rispetto ad Avellino. L'Inter però è stata importante nella mia vita perché mi ha fatto capire cosa significa militare in un grande club e tutte le difficoltà legate a questo. Vero che anche in Brasile o in Messico avevo giocato con squadre prestigiose, ma l'Italia è un paese completamente diverso, soprattutto per uno straniero. Posso dire di essere rimasto un po' deluso sotto l'aspetto calcistico perché le cose non sono andate bene, ma sotto il profilo umano l'esperienza all'Inter è stata davvero importante".
Non solo Avellino e Inter: "Prima del Porto vorrei parlare di Ascoli e Cremona e delle persone che mi hanno permesso di vivere queste esperienze: Mazzone, Rozzi, Mondonico e Luzzara. Dopo l'Inter, infatti, Mazzone mi propose di venire all'Ascoli dicendomi 'dai che ci divertiamo' e anche di questa esperienza ho un bellissimo ricordo quasi come quella di Avellino. Ho giocato con gente come Novellino, De Vecchi, Anzivino, Corti, Mandorlini, Menichini e Borghi. Poi Mondonico mi ha voluto alla Cremonese e anche lì sono stato bene. Credo di essermi allenato in queste due stagioni per andare poi al Porto dove ho vissuto un sogno: sono pochi che hanno questa fortuna di vincere la Coppa dei Campioni, ci sono tanti calciatori di livello mondiale che non ci riescono e io l'ho fatto, giocando la finale con un assist per il gol del pareggio e segnando la rete decisiva contro il Bayern. Dio mi ha dato questa vittoria in un momento in cui tanti mi davano per finito e non solo, abbiamo vinto il Mondiale (la Coppa Intercontinentale, ndr) e la Supercoppa Europea, quell'anno al Porto abbiamo vinto tutto".
Dopo la notte di Vienna sentì anche una sorta di rivincita verso quel calcio italiano che forse l'aveva messo in disparte troppo in fretta?
"No, mai. Nel calcio bisogna vivere il momento, non c'è domani e non c'è ieri, ma solo oggi. Non potrei avere nulla contro il calcio italiano perché è grazie all'Italia che ero arrivato lì. Se non mi avesse preso l'Avellino forse la mia carriera sarebbe andata in maniera diversa e non sarei mai arrivato al Porto. Io devo solo ringraziare l'Italia e l'Avellino che hanno aperto le porte dell'Europa".
Santos, Avellino, Porto: per chi batte oggi il cuore di Juary?
"Quando sono in Italia il mio cuore batte per l'Avellino, ma non posso certamente dimenticare l'importanza del Santos e quello che mi ha dato il Porto. Facciamo che il Santos è il mio primo amore, l'Avellino la mia fidanzata e il Porto è la mia sposa. Sono tre società che hanno lo stesso posto nel mio cuore".
Autore: redazione TuttoAvellino / Twitter: @tuttoavellinoit
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