Alzasse la mano chi si aspettava l’esonero di Attilio Tesser a dieci giornate dalla fine della stagione regolare. Nonostante la sconfitta contro la Ternana, la seconda consecutiva tra le mura amiche, la terza negli ultimi tre turni di campionato, l’avvicendamento sulla panchina biancoverde appariva distante dai pensieri di addetti ai lavori e tifoseria. E invece la società, con un colpo di reni, ha voluto scuotere la squadra dall’irritante torpore nel quale è ripiombata immediatamente dopo la bella, ma breve, parentesi di Ascoli.
A farne le spese, come spesso accade nel mondo del calcio, è stato l’allenatore. Attilio Tesser, apparso spento e amareggiato nel post-gara con la Ternana, se lo aspettava. Dopo altre sconfitte interne lo avevamo visto pronto all’immediato riscatto, desideroso di mettersi alle spalle il passo falso e riprendere il cammino. Ieri no. Come se avesse il sentore che, di lì a qualche ora, sarebbe accaduto qualcosa. E così è stato. L’esonero è arrivato puntuale, in mattinata. Non è bastato il quasi raggiungimento dell'obiettivo primario stagionale, così come non sono bastati i sei successi consecutivi e la vittoria nel derby di ritorno per salvare la panchina.
Il tecnico di Montebelluna non è stato in grado di trovare la quadratura del cerchio e di dare continuità ai risultati, essenziale per riuscire a raggiungere la zona nobile della classifica. Ha pagato per i troppi alti e bassi, per una solidità difensiva a lungo ricercata, ma mai raggiunta. Ha pagato il suo restare piantato con i piedi a terra, per non aver viaggiato troppo con la fantasia, per aver preferito pensare prima alla salvezza e poi ai play off, come il presidente Taccone diversamente avrebbe voluto. Gli è stato imputato di essere troppo spregiudicato in trasferta, poi troppo difensivista. Di non avere il carattere giusto per guidare una squadra come l’Avellino, di non essere adatto per una piazza calda come quella biancoverde. Lo hanno paragonato a Massimo Rastelli, e il paragone lo ha visto soccombere. Ma non aveva senso. Non lo ha mai avuto.
Ha pagato per tutti. Di errori ne ha commessi, ma sono tutti suoi? Si è ritrovato tra le mani una squadra completamente rinnovata rispetto a quella della passata stagione. Forse qualitativamente superiore, ma profondamente cambiata. Ha dovuto far fronte all’assenza prolungata di Castaldo, a un reparto arretrato che, salvo pochi interpreti, è stato rivoluzionato sia ad agosto, sia a gennaio; all’assenza di un regista vero a centrocampo; a una serie di infortuni a ripetizione che hanno influenzato negativamente il cammino nella prima parte del girone di andata e allo scarso apporto, in termini di prestazione, di elementi che rappresentavano il fiore all’occhiello del mercato estivo (vedi Rea e Tavano) e che sono venuti pesantemente meno. Ha pagato per qualche scelta discutibile in fase di mercato. Ci ha messo la faccia, Tesser, anche quando non avrebbe dovuto farlo. E' il calcio ad imporlo. Così come gli episodi: quelli di ieri (rigore sbagliato da Castaldo e scivolone di Chiosa) hanno determinato l'addio a Tesser.
Paga Tesser, che lascia il posto a Dario Marcolin che a sua volta proseguirà nel credo tattico adottato dall’Avellino nelle ultime due stagioni: il 4-3-1-2. Il bresciano porta in dote un curriculum non eccezionale (tre esoneri in carriera) ed è reduce dalla tremenda esperienza di Catania, terminata con la retrocessione degli etnei per illecito sportivo. Toccherà a Marcolin dare la scossa a una squadra che, non si sa perché, pare aver tirato i remi in barca. Sarà lui l’uomo giusto? Ai posteri l’ardua sentenza.
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