Federico Casarini, centrocampista dell'Avellino, è stato ospite a "Un Lupo in famiglia", format di Prima Tivvù, dove si è raccontato, ha parlato della carriera, dei successi e del momento difficile in casa biancoverde.
Queste le sue parole: "Io inizio da una piccola realtà di Carpi, verso i 10-11 anni faccio un provino per Bologna, Parma, Modena e non mi prende nessuno. Poi ne faccio altri per il Modena e anche lì nessuno mi prende. Poi, dopo un torneo, vado a Bologna anche perchè mio padre tifa Bologna. Per me è stato fondamentale, non ho sentito nessuna pressione o peso da parte della famiglia, che mi ha sempre seguito e appoggiato quanto più possibile. Ho sempre fatto questo con tanto piacere, le rinunce fatte da ragazzino le ho fatte con piacere, perchè in realtà giocare a calcio non è una rinuncia".
Sul Bologna: "Ho fatto tutta la trafila, ho esordito a 18 anni in Serie A. Ho fatto 5 presenze credo in massima serie, poi 19, poi 33, poi mi feci male. Poi sono andato al Cagliari. E' stato un percorso difficile soprattutto per l'età che avevo, senza fare lo step di andare fuori, fare gavetta e crescere. Però a 18 anni potevo giocare in Serie A. A Cagliari non ho giocato tanto, perchè la squadra era forte. In mediana c'era Nainggolan, Conti, Dossena, un Cagliari che arrivava quasi in zona europea. Non fu una annata a livello calcistico, tra le più belle, mentre a livello personale è stato davvero stupendo".
Su Nainggolan: "E' un ragazzo d'oro, ha questa stimmate di "bad boy", ma è un ragazzo d'oro. Forse qualche cavolata l'ha fatta, ma è un ragazzo di cuore".
Sul calcio: "Prima emergere era più difficile, perché la Serie A era davvero alto. Stiamo parlando del Milan con Ronaldinho, Robinho, Beckham, Pato, l'Inter del triplete. Prima la Serie A per salvarti c'erano i famosi 40 punti, se li facevi bene, al di sotto eri spacciato. Oggi con 33-34 punti ti puoi salvare".
Differenza tra Primavera e Prima Squadra: "In Primavera se sbagli non fa niente, non sei obbligato a vincere, mentre in Prima Squadra, devi vincere, c'è differenza tra i 3 punti, il pareggio o se perdi. Prima c'era il così detto nonnismo, una cosa che ora è scomparsa. A me ha aiutato questa cosa, ad esempio, se ti facevano qualche entrata dura in allenamento, i più esperti, dovevi anche stare zitto. Il rispetto lo dovevi guadagnare in allenamento".
I playoff vinti e la vittoria con l'Avellino: "Logicamente ognuno guarda in casa propria. Io in quel momento avevo vissuto 8 mesi particolari, venivamo quasi da un fallimento, non sapevamo se si arrivava a fine stagione. Fu una annata particolare, il Bologna veniva da una retrocessione e quindi in quel momento lì dovevamo portare la pagnotta a casa e alla fine per mano di non so chi, ci ha dato una mano. La squadra a livello di nomi era fortissima, ma ci mancava qualcosa".
Sul ruolo: "Sono sempre stato mezz'ala. Poi i primi anni di Serie A ho fatto un po' di tutto, anche il terzino. Nelle giovanili ero play e un po' me lo sono portato. Il centrocampo l'ho fatto un po' tutto, ad Ascoli ho fatto il play, ad Alessandria ho fatto il centrocampo a due. Il ruolo del play mi piace, ma è un ruolo molto complicato, perchè la gente si aspetta quel play con il piede educato, il Pirlo della situazione. Ma il calcio si è evoluto, il play alla Pirlo in giro ce ne sono pochi, come il fantasista, alla Zidane, alla Baggio. Il calcio però si è evoluto, si predilige più alla fisicità. Io non sono più il play di 10 anni fa. Avere il play puro, magari deve avere un gioco costruito per lui, vedi come accadeva con Pirlo o ora con Modric".
L'allenatore che ha più inciso: "Io ho esordito con Mihajlovic e soprattutto i primi anni guardava molto all'intensità. Mi ha fatto crescere in tanto. Ho avuto la fortuna di essere allenato da Pioli, da Franco Colomba, che dettava tanta semplicità. Ho un buon ricordo anche di Corini".
Su Mihajlovic: "Tutti hanno detto che era tosto, si faceva rispettare. Ma ti dava il cuore, tutto, ma dovevi fare le cose per bene, ma non a livello calcistico, ma livello umano. Lui era per la meritocrazia. Arrivò al posto di Inzaghi, eravamo messi malissimo, e lui se ne è sbattuto di tutto e di tutti, faceva giocare me a 18 anni, al posto di senatori, perché andavo più forte di loro. Senza guardare la carta d'identità o il nome. Questo è stato il suo bello. Poi come allenatore poteva piacere o meno, ma come persona si faceva ammirare da tutti, era un uomo vero, che non mondo del calcio se ne trovano sempre meno. Il calcio porta sempre alla convenienza, Sinisa invece no, era un uomo vero e spesso andava anche in guerra, mettendosi contro tutto e tutti".
I fattori del calcio: "Nel calcio ci sono tanti fattori, per fare un campionato come il Catanzaro ci deve essere un'alchimia tale che anche quando uno sbaglia, ci devono essere gli altri fattori che fanno sì che non si noti l'errore. Ci sono tante cose da gestire per vincere, a livello fisico, mentale e tanto altro".
Sull'Avellino: "La trattativa che mi ha portato ad Avellino? Io sono uno di poche parole con il procuratore. Ero ad Alessandria e mi ha detto c'è l'Avellino. Gli ho detto vai, chiudi. In pochi giorni abbiamo chiuso, zero dubbi, non perchè sono qui adesso. Per un calciatore, rifiutare Avellino è dura. Come se ti chiama la Juve, anche ora con 15 punti di penalità, un top player come fa a rifiutarla? E così per l'Avellino, ora che è in Serie C, in una categoria che non gli appartiene, come fai a rifiutarlo".
Sui tifosi: "Il bello di piazze come questo è il tifo, l'evento che organizzano i tifosi, che dimostrano cosa sia l'Avellino. E' quello che fa sì che Avellino è Avellino come piazza, l'attaccamento alla squadra, ai colori. Un po' come Ascoli, ho rivissuto lo stesso".
Sul tifo: "Tifo Bologna, perché ho giocato tanti anni lì. Sono felice anche che c'è una sorta di gemellaggio-amicizia tra le tifoserie di Avellino e Bologna e mi fa davvero piacere".
Sulla città: "Mi trovo bene ad Avellino, sono qui con tutta la mia famiglia, ci troviamo bene. Mi avevano detto che era una città non vivissima, ma assolutamente io sto bene, città a misura d'uomo. Se mi vogliono rinnovare qui sto davvero bene (ride ndr)".
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