"Arriveremo ai playoff, ne sono convinto", lo diceva Novellino come un mantra, al termine di ogni partita, fino a non molto tempo fa, fino a ottobre inoltrato. Supportato dalle dichiarazioni societarie, dello stesso tenore, e da un avvio di campionato che aveva illuso un po' tutti, portando i biancoverdi a un soffio addirittura dalla vetta. Ma i conti si fanno alla fine, e a una partita dal giro di boa, l'Avellino è in zona playout. Adesso non si può richiamare in causa neanche le distrazioni per le situazioni extra campo, anzi la vittoria nel processo Money Gate avrebbe dovuto dare nuova carica a una squadra che contro Cittadella ed Ascoli aveva comunque dato segnali di risveglio e di carattere. E invece anche a La Spezia ha dovuto alzare bandiera bianca tornando a casa con una sconfitta, guardando all'ultima vittoria contro la Pro Vercelli come a un ricordo sempre più lontano.
Chiariamoci, non era esattamente a La Spezia che l'Avellino doveva fare i suoi punti salvezza, piuttosto questa partita può rappresentare un punto di analisi di tutto il girone di andata. Contro i liguri l'Avellino non ha giocato male, non si può dire che non ci abbia provato, ma ha mostrato tutti i propri limiti. Ha preso gol nell'unico vero tiro in porta dello Spezia, nella ripresa forse ha creato qualcosa in più degli avversari ma non ha di fatto mai impensierito seriamente Di Gennaro. Un Avellino che, escluso l'exploit di Cittadella, non ha segnato più di un gol a partita dal maledetto derby con la Salernitana. E che conta solo 5 vittorie, quasi tutte a inizio campionato, 7 pareggi e 8 sconfitte. Numeri che devono far riflettere e che forse permettono di leggere le ultime partite diversamente. Il pari di Cittadella può essere visto come un colpo di fortuna dell'ultimo secondo, contro il fanalino di coda Ascoli l'Avellino è apparso arruffone e forse anche sfortunato, ma resta il fatto che non è riuscito a vincere neanche contro l'ultima in classifica (per la cronaca, il paratutto Ragni oggi ha regalato un gol al Pescara con una papera).
Qualcuno a inizio stagione, oltre che di Avellino da playoff, parlava di un organico forte, più forte degli ultimi anni. Sinceramente ho sempre avuto qualche dubbio a riguardo, e i limiti ora stanno venendo fuori. La difesa continua a commettere errori seppur Novellino avesse chiesto come 'regalo di Natale' di ridurli al minimo (Kresic si è fatto anticipare nell'unica occasione da Marilungo sul gol vittoria), l'attacco resta sterile con Ardemagni controfigura di sé stesso: e pensare che l'avvio di stagione avevano attirato su di lui le attenzioni di diversi club, ora appare abulico e quasi mai pericoloso. Non convincono i vari Kresic (troppi alti e bassi), Marchizza (ancora non si è visto il giocatore promesso), Pecorini, Suagher, Paghera, a cui si aggiunge il momento di appannamento anche di chi prima faceva la differenza come Moretti, Molina, Bidaoui e Ardemagni appunto.
E' vero che Novellino deve fronteggiare un'emergenza infortuni senza precedenti e che l'infortunio di Morosini forse sta pesando più del previsto, ma è anche vero che anche oggi alcune scelte hanno destato perplessità. E perché cambiare modulo e varare un inedito 4-3-3 proprio in una partita così delicata? Se producendo il massimo sforzo l'Avellino riesce a raggiungere un pareggio in extremis a Cittadella, a pareggiare in casa contro l'Ascoli e a non impensierire lo Spezia in trasferta, forse vanno riviste le valutazioni sull'organico a disposizione di Novellino.
E allora, in questo senso, a gennaio bisognerà intervenire sul mercato con decisione. Via quegli elementi che hanno dimostrato di non poter dare il contributo atteso e quelli ai quali lo stesso tecnico ha rinunciato per scelta; dentro almeno una punta di spessore, un centrale di difesa e un terzino sinistro, e due centrocampisti che possano sostituire l'infortunato cronico Gavazzi e Paghera. Nel girone di ritorno un cammino simile non sarà ammesso, o l'Avellino dovrà seriamente cominciare a pensare a un rischio retrocessione.
Autore: Domenico Fabbricini / Twitter: @Dfabbricini
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